top of page

LE MURA DI SABBIONETA: di Giovanni Sartori
Il sogno di un condottiero umanista 

English

Français

intestazione-Congresso-citta-murate-OK.jpg

"Le mura di Sabbioneta, il sogno di un condottiero umanista". Il relatore è il professor Giovanni Sartori, presidente della società storica viadanese, è uno storico dell'arte, un ricercatore, dottore di ricerca in storia e conservazione dei beni culturali, esperto della cultura figurativa tra olio e po' specializzandosi sulla storia di Sabbioneta, fa parte dell'equipe internazionale che studia Gonzaga in rapporto all'Asburgo di Spagna e in relazione con l'Universidad Complutense de Madrid, Namur e Sabbioneta, il sogno di un condottiere umanista, dottor Giovanni Sartori. 

Buongiorno a tutti, io ho immaginato questo intervento per illustrare quello che c'è e quello che ormai non esiste più a Sabbioneta, ma che c'era. E' d'obbligo iniziare dalla figura del fondatore della città che è Vespasiano Gonzaga Colonna. Qui vedete un famoso ritratto che si conserva ai musei civici di Como. Raffigura Vespasiano Gonzaga come condottiero. E ho voluto mettere in evidenza le tre mogli che lui ebbe, partendo dall'alto, Diana Cardona Gonzaga. Proprio ieri sera ero seduto vicino al Club Lions di Sciacca. che ovviamente è nel territorio dove nacque e visse questa nobildonna, fino a 12 anni circa, più sotto si vede la principessa spagnola Anna Aragona e infine la terza moglie, Margherita Gonzaga, una cugina. Solo la seconda moglie diede figli a Vespasiano Gonzaga, due gemelle, di cui una morì a due giorni dalla nascita, nell’altra immagine l'erede maschio che purtroppo arrivò all'adolescenza e morì a 14 anni. Ma ieri già nella sua rappresentazione e drammatizzazione, Giuseppe Boles ha evidenziato questi aspetti. Allora, per capire Vespasiano Gonzaga e per capire questa città occorre necessariamente partire da questa nobildonna, che è Giulia Gonzaga Colonna, la quale è la vera, diciamo, regista della fortuna di questo nipote, che è napoletano, perché Vespasiano Gonzaga Colonna era napoletano, era nato nel regno, nell'età di lavoro, nel 1531. Dico cose che alcuni conoscono, ma visto che arrivate tutti da fuori, per me sono scontate, ma voglio dire che è giusto che queste nozioni vengano dette. Nasce nel 1531, la relazione tra Giulia Gonzaga e il Regno parte dal 1513, quando all'età di 13 anni, pensate, fu sposata Vespasiano Colonna, il conte di Fondi, 56enne, ormai vedovo della prima moglie, con una figlia coetanea di Giulia, e Giulia rimane vedova a 15 anni. E il clan Gonzaga, che allora era un clan potentissimo, forse non mi vorranno molto bene i miei colleghi di Mantova, ma Federico II, che è il grande mecenate di Giulio Romano, quello che si occupa del rinascimento, della grande fioritura della maniera a Mantova, non era un uomo politico. Forse era più attento alle grazie delle gentildonne e alla bellezza dei suoi cavalli. L'uomo di punta in quel momento fu il grande Ferrante Gonzaga, il fratello che fu viceré di Sicilia e governatore di Milano, il braccio destro di Carlo V in Italia. E Ferrante Gonzaga è il punto di riferimento di questa donna che rimane vedova a 15 anni, lei lo considerava un fratello e Ferrante Gonzaga ovviamente prende la tutela di questo bambino che viene strappato alla madre all'età di cinque anni, a quattro anni è affidato alla zia che diventa la vera madre oltre alla tutrice di questo bimbo. Ho voluto mettere un quadro di Paolo Cagliari, veronese, che è stato esposto a Vicenza in una bella mostra che è stata organizzata qualche mese fa. Questo bambino mi ricorda come poteva essere Vespasiano bambinetto sotto le cura e la tutela di questa zia. Giulia Gonzaga è stata poi celebrata negli anni. Insomma, l'attenzione è passata ad Arcadia, quindi a Crescimbeni e poi Benedetto Croce, che l'ha molto idealizzata e ovviamente le ha dato un abito idealista. Questo è un ritratto che è ritornato a Mantova negli anni '30. Allora era a Caserta, faceva parte delle collezioni farnese. E questa donna, la vedete, è ritratta da Sebastiano del Piombo. E qui ho voluto... e non vi tedio nel leggere queste, diciamo, queste didascalie, le ho messe solo per complemento. Questo è quanto scrive Benedetto Croce in una forma estremamente elegante su Giulia Gonzaga. Ecco, vi dicevo, quell'epoca in cui noi tanto vagheggiamo il Rinascimento e che, ovviamente, dal punto di vista storico, gli storici conoscono a fondo come un'epoca molto difficile di guerre, di divisioni, di guerre religiose, di, diciamo, anche momenti molto drammatici. È un momento in cui le donne non sono emancipate, come oggi intendiamo, ma le donne vivono in funzione di grandi uomini e il loro obiettivo è quello di servire questi grandi uomini, come Giulia Gonzaga fece con suo nipote. Del resto, non appena Vespasiano Gonzaga, dal ritorno della Spagna, arriva a Sabbioneta, l'obiettivo di Giulia Gonzaga è quello di trovare al nipote una moglie. L'attenzione cade per questa nobildonna siciliana, di Chiusa Sclafani, spero di dire l'accento giusto perché sbaglio sempre l'accento tonico, e questa nobildonna, che era la contessa di Chiusa, ereditiera di un grande patrimonio nel Vallo di Mazzara, figlia e parente delle più potenti famiglie siciliane di quel momento, i Luna, per esempio, la madre Beatrice Luna faceva parte di questo potentissimo clan familiare, i Gioeni, i Tagliavia-Aragona, con cui la madre si risposò, perché anche la Cardona aveva subito la stessa sorte di Vespasiano Gonzaga, era rimasta orfana di padre prestissimo. La madre si era risposata con il Marchese di Terranova ed era stata affidata ai nonni. E all'età, pensate, di undici anni era stata sposata con un ragazzino di sette, il figlio del grande Ferrante, che era allora vicerè di Sicilia, ed era 

Palermo, tra Messina e Palermo. E questa nobildonna poi fu portata adolescente a Milano quando Ferrante finalmente se ne va dalla Sicilia, perché per lui era diventato gravosissimo governare questa regione, che era, e gli amici di Malta forse lo sapranno meglio di noi, bersagliata dai corsari turchi, a cui bisognava porre un baluardo. Sicilia era esposta ovviamente alle scorribande di questi corsari. Quando Ferrante Gonzaga diventa governatore di Milano nel 1547 si porta con sede a Nacardona perché nel contratto matrimoniale c'era scritto che il matrimonio sarebbe diventato effettivamente valido al compimento del quattordicesimo anno di età del ragazzino perché era abile per consumare il matrimonio e si sarebbe trovato poi una donna di 17-18 anni che non avrebbe mai avuto occhi per un ragazzino di 14, che tra l'altro è delicato, molto legato alla madre, insomma era in quel momento poco incline alla consumazione di questo matrimonio. Per cui Diana Cardona a un certo punto vuole recidere, forte del suo status sociale, delle sue grandi ricchezze, questo contratto matrimoniale. Rimane sguarnita di marito. Ferrante Gonzaga, che l'amava come una figlia, non la forza. Giulia Gonzaga, che aveva tutta la sua rete di informatori, comincia a tramare. Perché questa ragazza viene affidata alla sua migliore amica, che era la moglie del governatore di Piacenza. Questa donna era Isabella Bresegna Manrique, la quale informa Giulia Gonzaga che questa donna ormai è libera e ha visto suo nipote, si sono piaciuti e il matrimonio viene celebrato a Piacenza, nella cittadella di Piacenza. Io indugio su queste cose, che sono cose che nascono da una serie di ricerche che sto conducendo ormai da quattro anni insieme a Tersilla Federici, che è qui nella platea. Abbiamo veramente analizzato molta documentazione e di recente sono stato, lunedi della settimana scorsa, alla Fondazione Camillo Caetani a Roma, dove ci sono tre buste Gonzaga, e l'archivista mi chiedeva come mai sono confluite queste tre buste. Abbiamo cercato di capire, un'idea ce l'abbiamo fatta. e stiamo ovviamente cercando di ricostruire tutte queste storie attraverso il recupero dell'archivio di Sabbioneta che è andato disperso ovviamente alla fine dell'Ottocento. Quindi questo grande patrimonio di documentazione è stato smembrato e non distrutto, come hanno sempre raccontato, ma è stato diviso tra rapaci collezionisti. In quel momento grandi collezionisti come il Marchese Giuseppe Campori di Modena, esempio, che raccoglie pensate 300.000 documenti, che lascia tutto al Comune di Modena e oggi è in deposito presso la biblioteca estense. Quindi siamo partiti da lì e poi abbiamo capito anche dove sono andati dispersi molti altri fondi del nostro archivio. Allora Diana Cardona sposa Vespasiano Gonzaga. Il matrimonio che viene celebrato in segreto, viene poi approvato dall'imperatore, viene immediatamente consumato, tanto che nel 1550 Vespasiano per la prima volta siamo nel mese di aprile, viene qui a Sabbioneta con la moglie nel castello che sua zia aveva fatto ammodernare in alcune stanze. E nasce l'idea di Vespasiano di creare la sua città. Un territorio che a lui era sconosciuto perché lui era ovviamente in quel momento al servizio di Carlo V, che qui vediamo, ma era legato soprattutto a questi tre uomini, il duca d'Alba, il ferrante Gonzaga che vedete in alto a sinistra, alla vostra destra, scusate, e il cardinale Ercole Gonzaga, fratello del Duca di Mantova e di Ferrante. Vespasiano Gonzaga comincia a prendere dei contatti molto stretti con Piacenza e la città di Sabbioneta viene costruita nelle sue fortificazioni da un insieme di capimastri piacentini e viene addirittura ideata e progettata da questi maestri. Da questa recente documentazione siamo riusciti anche a capire che lavori iniziano nel 1553, l’ Anno in cui Vespasiano è già fermato politicamente, seppur giovane, l’nno in cui Vespasiano Gonzaga comincia a non guardare più la moglie perché ha perso la testa completamente per la favorita del cardinale Arcole Gonzaga, Camilla Palazza degli Alberighi, una donna molto mondana, molto più grande di lui, l’ Anno in cui Vespasiano è già sicuro delle sue grandi capacità, non solo di condottiero, ma anche di architetto militare. Pensate, Vespasiano Gonzaga è uno dei pochi nobili italiani ad essere in grado di disegnare personalmente le fortificazioni. Aveva queste competenze, partendo dall'analisi del territorio, quindi da considerazioni topografiche. E Vespasiano Gonzaga comincerà a fidare i suoi lavori a questi maestri. Adesso qui ho messo un quadro che è a Capodimonte e ho messo la firma del suo sovrastante alle fabbriche, che è Giovanni Pietro Bottaccio, che è quello che di fatto segue i lavori di costruzione della città. E con lui i muratori piacentini, che vengono ovviamente al seguito e che si sposano a Sabbioneta, perché comunque hanno il lavoro garantito. Per cui nel libro dei matrimoni che il parroco che è qui presente, che Don Samuele Riva conserva in un archivio che è stato tutto risistemato e valorizzato, si travedono, cioè si incontrano ogni tanto la tal donna di Sabbioneta che sposa un muratore piacentino, c'è scritta la professione anche. Per cui questa gente si stabilisce e vive qui nella città. Qui ho voluto mettere una pianta di Sabbioneta con gli anni in cui vengono realizzate le fortificazioni dall'analisi della documentazione. Quindi i lavori partono intorno al 1553, si parte da in basso alla vostra destra e si lavora in senso orario. I punti più salienti sono, nel '57, il lavoro al Mezzo Baluardo, perché è quello dove finisce la freccia, è un'addizione che viene aggiunta negli anni 1586. Quindi è una... diciamo una... ruberò poco tempo, perché ho visto che ci siamo molto dilungati e non voglio tediarvi con discorsi tecnici. Per cui adesso mi soffermo un attimo sulle mura, poi faccio una carrellata di immagini così vedete un po' le cose. Da cosa abbiamo capito questa cosa? Io ho disegnato in verde anche il profilo delle mura come doveva presentarsi negli anni '60. da una pianta di Sabbioneta che è stata ritrovata, pensate, pubblicata da Alicia Camara a Madrid l'anno scorso, due anni fa, e che io mi sono fatto mandare, forte delle mie, diciamo, conoscenze presso l'Universidad Complutense de Madrid, presso la quale sono già stato per tenere due conferenze su Vespasiano-Gonzaga, e questa è la pianta che Vespasiano-Gonzaga aveva con sé in Spagna, e che poi viene data da Antonio Herrera, suo segretario all'inizio del '600, a Filippo III, re di Spagna, come esempio impeccabile di fortificazione, come uno dei modelli più importanti di città fortificate. Guardate che manca il baluardo che io vi ho evidenziato. Per vostra comodità ho fatto questo grafico. Vedete il mezzo baluardo dove si trovava, quello che è cerchiato insieme alla rocca. Queste strutture non esistono più. La rocca, che era un poderoso edificio, è stata atterrata nel 1786 per volere del governo austriaco. Insomma, siamo negli anni in cui l'imperatore Giuseppe II dispone l'atterramento di questa rocca. La politica degli austriaci austro-ungarica era stata molto chiara. Distruggere le rocche per svilire l'indipendenza e l'autonomia delle comunità e eliminare gli archivi per cancellarne la memoria storica. Questo è stato il fine dell'amministrazione austriaca. Un momento anche molto prospero dal punto di vista economico e di crescita. Grande sviluppo avranno gli ordini religiosi e chi ne beneficia in questo momento non è più l'idea dello Stato e dell'indipendenza come città-Stato, perché Sabbioneta fu la capitale di un piccolo Stato, ma soprattutto la Chiesa. Infatti, in quel momento noi abbiamo una grossa fioritura artistica, soprattutto negli edifici religiosi. Allora, questa pianta l'abbiamo trovata, per cui è ad oggi la pianta più antica di Sabbioneta, datata alla fine del VI decennio del Cinquecento. Però, agli inizi degli anni 2000, Umberto Maffezzoli, che è stato un grande studioso delle cose di Sabbioneta, aveva già ipotizzato questa cosa e l'aveva disegnato. Quindi, ignaro di quella pianta e questa è una conferma all'intuizione che Umberto Maffezzoli aveva avuto. I lavori iniziano soprattutto con la costruzione... Ritorno un attimo indietro perché vi mostro le frecce. Allora, vedete gli ingressi dove sono? Considerate la freccia dal basso, quindi si entrava dalla rocca e poi si entrava da sinistra a Porta Vittoria. perché l'odierna porta imperiale, che è stata costruita agli inizi degli anni '70, del '500, è una addizione successiva. Quindi la città era tutta chiusa, c'era un unico accesso, e poi l'accesso era dal castello. E vedete che è ben in evidenza il ponte che porta tra le due torri, che sono ancora presenti, eh? Mozze, ma ci sono ancora. L'ingresso era dal castello. Per cui, porta Vittoria, questa che vedete. Vi ho anche posto un'immagine dall'alto, dove vedete la cortina tra i baluardi Santa Maria, che è quello sulla destra, e San Nicolò, che è quello sulla sinistra, e la Porta Vittoria al centro della cortina. Qui dall'alto il baluardo San Giorgio, di cui abbiamo addirittura il contratto di costruzione. Molto belli anche da vedere, questi contratti. Generalmente è quello che lamento anche come presidente della società storica. Pochi giovani che aderiscono, quasi assenti. I giovani di oggi incapaci di trattare questa documentazione perché, io lo vedo, sono docente nelle scuole secondarie di primo grado, quando scelgono di andare alle superiori, scelgono i licei sportivo, psicopedagogico, basta non fare il latino, perché il latino non si può più studiare. E poi non sono più in grado di entrare negli archivi a leggere questi documenti. Di fatto, però, Vespasiano lavora sui trattati di architettura. E questo è il trattato di architettura che Vespasiano approva. Ce lo dice l'autore, che è Girolamo Cattaneo, nel proemio, quindi nell'introduzione, sottolineando il fatto che il buon principe non deve affezionarsi a luoghi a lui cari, oppure a luoghi in cui sono già presenti fortificazioni dei suoi antenati, ma deve studiare il territorio, deve creare la fortezza facile da difendere, ma anche facile da gestire. E molto, diciamo, una fortezza che riesca a disorientare i nemici. Infatti, Sabbioneta non è per nulla asimmetrica, ma la sua pianta, la sua struttura è una pianta asimmetrica, perché in ogni angolatura in cui un eventuale esercito assediante avesse attaccato la città, si sarebbe trovato di fronte ad una situazione completamente nuova e diversa. Ma Vespasiano studia anche Vitruvio. Questo l'aveva nella sua biblioteca. Abbiamo trovato nel 2015 la lista dei libri di questa libreria grande che fu dispersa alla morte di Vespasiano. E Vespasiano celebra la sua immagine come dalgo spagnolo, come condottiero. Questo è uno dei ritratti più celebri di Vespasiano. Si trova a Palazzo Ducale, fa parte di una cavalcata linea. Vespasiano lo vedete come condottiero con l'armatura da parata, il bastone del comando e soprattutto il toson d'oro ben in evidenza, onorificenza che lui ottiene alla fine della sua lunga vita di uomo estremamente ambizioso. Vespasiano aveva una grandissima ambizione, era estremamente consapevole della sua posizione sociale, era anche una persona spigolosa di carattere, così ce lo descrivono gli ambasciatori, e era un uomo però che amava molto circondarsi di cose molto belle. E in questi anni noi abbiamo anche trovato oggetti che ormai sono fuori addirittura. Questa è l'armatura da giostra di Vespasiano Gonzaga che si trova all'armeria di Vienna e che Vespasiano Gonzaga aveva donato l'ultimo mese della sua vita all'Arciduca d'Austria affinché appunto fosse all'interno di questa teoria di armature dei grandi uomini, degli uomini illustri e manda anche questo ritratto suo al fine che fosse realizzato il manichino per indossare, fare indossare l'armatura. Vespasiano vestiva di nero perché fosse il lutto, sappiamo che il nero allora era il coloro più costoso da ottenere quindi vestire di nero voleva dire esibire al massimo la propria magnificenza. Vespasiano fu sempre attento a questa cosa. Ma Vespasiano ebbe anche una figlia che amò veramente molto, così ci dicono gli ambasciatori, per cui non è una, diciamo, un'affermazione romantica che faccio perché sono campanilista. E questa è Isabella Gonzaga, la vedete a destra, col marito che Vespasiano sceglie. Non vuole un feudatario padano, non vuole un signore di questi territori, vuole il più ricco, nobile, napoletano, famiglia che lui conosceva dalla sua adolescenza, dalla sua infanzia, Il Caraffa, principe di Stigliano. Per cui questo signore è Luigi Caraffa, Principe di Stigliano, la figlia che poi era stata mandata alla madre e cresciuta nel regno, viene sposata là. E la figlia è la vera, diciamo, dopo Giulia Gonzaga, che questa bambina non conosce perché Giulia Gonzaga muore l'anno dopo che questa piccola bimba, cioè questa donna adesso, ma quando era una piccola bambina di un anno, non ebbe modo di conoscere Giulia Gonzaga. subentra poi, dopo la morte del padre, Isabella a costruire la fama e la memoria del padre, facendo scrivere le prime biografie, esaltandone le qualità. Ecco, non bisogna mai dimenticare che la storia lo scrivono i vincitori, per cui la storia va sempre poi analizzata nel contesto in cui queste vicende vengono scritte. Ed era passato sul mercato antiquario qualche anno fa questo frontespizio che probabilmente è un disegno preparatorio per un libello in cui si voleva descrivere la biografia di Vespasiano Gonzaga. Al centro c'è il suo ritratto, a destra e a sinistra sui capitelli ci sono i busti della madre Anna Aragona, di questa donna Isabella figlia di Vespasiano e della nonna paterna che è ovviamente Isabella Colonna. Quindi le due donne che effettivamente questa ragazzina ebbe più care. Questa è la piazza ducale di Sabbioneta. Di fronte un tempo vi era questa statua di Leone Leoni. Nel 1565, in quegli anni, le mura di Sabbioneta sono costruite e finite. Dieci anni di lavori. Per cui in dieci anni, mentre i piacentini a Piacenza in dieci anni fanno i terrapieni e poi fanno le mura, a Sabbioneta in dieci anni i lavori si concludono. Perché Vespasiano ha la necessità di chiudere questa città, perché comunque la posizione che noi abitiamo, una posizione all'epoca era fondamentale dal punto di vista strategico. Qui confluiscono i colatori del Cremonese, quindi tutti questi canali che in parte sono anche artificiali, c'è la confluenza, poco distante da Sabbioneta, dell'Oglio nel Po. Il Medio Tratto del Po tra Casalmaggiore e Brescello era uno dei punti strategicamente più importanti in quell'epoca e avere un presidio militare, una fortezza in questa posizione era fondamentale, soprattutto nella politica degli Asburgo di Spagna. E non a caso poi Vespasiano Gonzaga si sposerà con una principessa spagnola. Il Palazzo Ducale ormai un palazzo vuoto. Isabella aveva ereditato tutto quello che il padre gli aveva lasciato, ma come donna in area padana non aveva alcuna possibilità giuridica di poter succedere in questo piccolo stato. Per cui, forte invece di aver già dato un figlio maschio, può pretendere la successione nel regno. Quindi nel regno di Napoli tutte le baronie, tra gli Abruzzi e la campagna, di cui Vespasiano era proprietario, ereditate dalla madre e dalla zia, passano alla figlia. Questo stato di Sbabioneta invece costituisce un problema nella successione e una forte elite che si sviluppa con i duchi di Mantova che poi l'imperatore dirimerà a favore di Vincenzo I Gonzaga che diventerà e assorbirà i territori di Sabbioneta nel territorio mantovano. Questi sono territori cremonesi. Siamo alla sponda sinistra del fiume Oglio rispetto a Mantova. Siamo tuttora nella diocesi di Cremona e sono territori, come vi dicevo, di confine. Quindi, come giustamente diceva il sindaco, siamo equidistanti alle città di Cremona, Parma, Mantova, Reggio. Quindi una posizione fondamentale per il controllo della pianura padana. Qui Vespasiano Gonzaga ama gli imperatori, le copie da Tiziano. Bernardino Campi è il suo pittore di corte, che realizza, ma questi sono dati dispersi, qui abbiamo fatto una ricostruzione, vedrete nelle visite guidate oggi per chi parteciperà. E qui ho messo un paio di immagini. La cosa più bella è che Vespasiano possedeva il "Trionfo della morte" di Brueghel ed era nella sua collezione. Quindi è molto tempo che desidero aver un par de quadri di pittura di Girolamo Bosco, almeno quei buoni pittori suoi seguaci. Allora, il Guicciardini nella descrizione del Paesi Bassi dice che Bruegel è il secondo Girolamo Bosco, quindi non è Bosch questo, ma è proprio Bruegel. E Vespasiano Gonzaga aveva nella sua collezione questo quadro che ho oggi al Prado. Quando ho relazionato a Madrid ero di fronte alla direttrice del Prado e proprio il pomeriggio prima ero stato nel museo a visitarlo e quando mi sono trovato di fronte al quadro di Bruegel ho fatto l'italiano indisciplinato e ho scattato una foto. ripreso malamente dal custode di sala che c'era. La direttrice del Prado si è messa a ridere quando ha raccontato questa cosa. La cosa divertente, triste per me, è che dopo di me, dopo questa piazzata del custode di turno, è arrivato un altro visitatore, si è piazzato davanti al quadro, preso le misure, si è fatto la foto e nessuno ha detto niente. Quindi io, a voglia di dire in italiano, abito vicino al palazzo dove il quadro era stato conservato fino alla fine del '500. Ora, questo quadro viene ereditato ovviamente da Isabella e se lo porta via, perché si porta via 14 carri di oggetti da Sabbioneta quando viene sottratto a lei lo stato di Sabbioneta. Rimane la fortezza, una fortezza che ha valore ancora militare, ma diventa una pertinenza che devono riscattare i duchi di Mantova pagandola profumatamente 140.000 scudi d'oro. Pensate che Isabella Gonzaga portava un milione e mezzo di scudi d'oro in dote ai Carafa di Napoli. quindi sarà poi la donna più ricca e più in vista di Napoli. Questo è un piccolo stipetto della figlia. Questo è l'astrolabio che Vespasiano riceve in dono dall'imperatore Rodolfo II durante il suo soggiorno a Praga. Questo è forse il pezzo più raffinato della collezione archeologica di Vespasiano Gonzaga, che oggi è il palazzo di San Sebastiano, museo della città, a Mantova. È una copia dall'antico, una copia di uno scultore del Cinquecento che copia Prassitele, questo un cupido dormiente, questo quadro di cui ho seguito le vicende con l'arciconfraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini, mi piace dirla tutta perché a Napoli queste cose, i napoletani sono molto attenti. Allora questi sono i confratelli, tra di loro c'è il Presidente della Cassazione e il Vicepresidente della Camera nello scorso governo e sono titolare di ben 800 immobili a Napoli e dell'ospedale per i pellegrini di Napoli e loro hanno questo quadro perché primi ceri della confraternita furono i Carafa e fu donato questo quadro a loro che arriva da Sabbioneta perché era una cosa di Isabella. E la vicenda è particolare perché, pensate, quando è stato restaurato questo quadro, che ho seguito il restauro, nel '700 era stato coperto il braccio perché era un poco sconveniente che Santa Cecilia avesse il braccio nudo, per cui hanno tolto la dipintura della manica e hanno scoperto, pensate, che quel verde del manto che qui rende poco è fatto con gli smeraldi tritati, un verde che non vira, perché di solito i verdi virano nel tempo, invece questo verde è fatto con gli smeraldi tritati. Vespasiano Gonzaga dà a Bernardino Campi, diciamo, allarga le corde della borsa e concede lui somme tali, con le quali Bernardino Campi, nella sua grande professionalità, (era un maestro estremamente apprezzato, conosciuto e ben pagato), poteva avvalersi dei migliori prodotti per esercitare l'attività della pittura, quindi comprava lui colori e anche le pietre preziose. Questo quadro invece è esposto al Museo del Ducato, nella chiesa di San Rocco. È un quadro che raffigura l'assunta di Bernardino Campi, una copia dell'assunta che era a San Domenico, a Cremona. Questo quadro è stato restaurato da Giuseppe Diotti di Casalmaggiore, un magistrale al restauro. Quindi quando è stato deciso negli anni '90 di restaurare il quadro, ci si è fermati di fronte a questo magistrale restauro di questo grandissimo pittore dell'Ottocento. Pochi sanno che Diotty era, secondo Dietz, uno dei più grandi pittori dell'Ottocento. Barbara Furlotti di recente ha capito che questo quadro era Sabbioneta e fu il dono nuziale che Arcole Gonzaga regala a Vespasiano durante il primo matrimonio con Diana Cardona. Un'opera che per un prelato era scomodo, nonostante Ercole Gonzaga avesse quattro figli con una donna che lui frequentava e frequentasse Camilla Palazza, perché insomma era tutt'altro che casto nelle sue scelte. Però questi quadri di grande dimensione erano lascivi e poco adatti per un prelato. Ercole Gonzaga fu l'ultimo presidente del concilio di Trento, una delle figure eminenti in quel momento in Curia e nell'Italia dell'Ermitage del Cinquecento. Questo oggi è l'Ermitage, ed è stato prestato a Mantova prima di tutti gli eventi che si sono scatenati tra Russia e Ucraina. Adesso credo che ci siano rapporti culturali con l'Ermitage, però è più difficile muovere queste opere. Poi a Sabbioneta abbiamo anche una coppia donna del divino amore di Raffaello, una copia che allora si consideravano come quasi originali, quindi Raffaello era un pittore che nelle collezioni doveva essere ben rappresentato. Oggi questa è in sacristia l'originale di Giovanni Francesco Penni, invece a Capodimonte. Alcuni libri della Biblioteca di Vespasiano tra Napoli e Madrid, questo testo molto importante che è la "Cremona fedelissima", allora "Cremona fedelissima", 1584, Antonio Campi, in cui c'è il contado di Cremona, tra cui anche Sabbioneta ed è citato Vespasiano in alcuni passi, e la Gerusalemme liberata a Bartoli del 1590 con i disegni di Bernardo Castello, incisioni di Agostino Carracci, sono i testi più importanti del 500 italiano e Vespasiano li aveva nella sua collezione. Scamozzi, sentivo prima forse la delegazione di Marostica che ha visto Scamozzi, dice "C'è Scamozzi qua?" Insomma, sì, Vespasiano era patrizio veneziano, nonostante l'aristocrazia veneta fosse rimasta un po' stranita, quando Pasquale Cicogna, il Doge, lo chiamano nel 1587 per concedere il titolo di patrizio veneto, però Vespasiano incontra Scamozzi e gli dice "Vieni a Sabbioneta a realizzarmi il teatro?" E Scamozzi accetta di buon grado ed è l'unico edificio che viene realizzato al di fuori della Serenissima da questo grandissimo architetto. Quindi abbiamo anche questo primato di avere questo edificio. E aveva anche inciso, fatto disegni e fatto incidere delle vedute di Roma. E vedete che proprio qua ci sono questi archi di trionfo. Se guardate bene il frontespizio del libro e osservate l'impaginatura architettonica di questi archi trionfali e sono quasi identici, se non fosse per il timpano. Questo arazzo invece è a Capodimonte. Quando uno entra a Capodimonte, entra nella stanza dei Tiziano, la prima cosa che si trova a sinistra si trova questo arazzo che era Sabbioneta. Vespasiano l'aveva avuto dai fatti di Piacenza, quando nel luglio del 1547 viene ucciso Pierluigi Farnese in una congiura ordita da Carlo Quinto, ma agita da Ferrante Gonzaga. Quando lo racconto ai miei studenti, mi piace anche indugiare un po' sulle cose macabre, perché così risveglio l'attenzione. Allora, per essere sicuri di ammazzarlo, l'hanno pugnalato e poi l'hanno buttato dalla torre, ma l'hanno buttato verso la piazza, perché non si poteva buttare dal cortile interno, perché doveva essere ben evidente che il Farnese fosse stato eliminato. Viene trafugato insieme ad uno degli arazzi su cartoni di Francesco Salviati. Un altro oggetto che oggi è a Mantova, che è stato restaurato da Intesa San Paolo qualche tempo fa, e che Pisanello aveva visto Roma, l'aveva disegnato negli anni '40 del '400. Questa storia è la storia di questa bambina ipertricotica. Isabella vuole una bambina pelosa da esibire come cagnolino, come attrazione, nonostante fosse un difetto fisico e fosse ovviamente una ragazzina come tutte le altre. E poi il busto del grande Duca d'Alba, che Vespasiano aveva nella nicchia di questo camino, che è nella Sala d'Oro. Questo è nelle collezioni di Windsor, oggi nelle coalizioni reali di Windsor. Mi avvio alla conclusione, ritorniamo alle mura. Cento anni fa l'allora sindaco un giolittiano, Costante Bone, decide di dar lavoro ai reduci della Grande Guerra. Avevamo appena passato il “biennio rosso”, era un momento molto caldo per l'Italia. Chiede al sovrintendente di Verona di poter aprire un passo carraio sfumato all'occasione di demolire questa cinta nel 1915 e ahimè, purtroppo, ma per fortuna, quando il 24 maggio di quell'anno l'Italia, dopo il Trattato Segreto di Londra, entra in guerra, ovviamente non c'è più tempo e necessità di demolire una cinta muraria di un'antica città, ma i soldi devono essere rivolti al fronte esterno. Per cui, Sabbioneta rimane illesa, diciamo, a causa e per conseguenza della Grande Guerra. ma subito dopo la Grande Guerra, per dar da lavoro a questi reduci, viene demolita un'intera cortina. Oggi la cinta murale di Sabbioneta manca di un'intera cortina, quella tra i baluardi San Nicolò e San Giovanni. Però le amministrazioni nel corso del tempo sono rimaste molto sensibili. Sono stato amministratore anch'io per un mandato amministrativo con l'onorevole Gianni Fava, in opposizione lui, io, al Comando, al Governo, non al Comando. è sempre stato un confronto vivace, ma anche in crescita. Avevo nel mio smartphone ancora alcune foto dei restauri che erano stati condotti, perché c'è una tensione continua dagli anni '80 ad oggi nel recupero e nel restauro di questo manufatto, che è quello fondante della nostra città. Grande merito va all'amministrazione comunale di Sabbioneta oggi, che ha fatto, un importante lavoro di pulitura delle mura, perché queste mura hanno necessità, lo sapete tutti meglio di me, di un ordinario lavoro di manutenzione, che è costoso, perché prevede degli investimenti anche importanti. Ho voluto mettere anche l'immagine di questo capomastro, che aveva diretto i lavori di cui accennavo, mi ricordo che mi diceva queste cose quando andavo sui ponteggi. Ha visto questo muro come dritto? Ma nonostante l'abbiano fatto 400 anni fa, non ha ancora fatto una piega. Questo per dirvi l'eccellenza di questi manufatti realizzati in maniera magistrale

INVITO-CITTA-MURATE-SABBIONETA-ITA.jpg

Scarica il testo PDF 

della relazione

bottom of page